lunedì 9 febbraio 2015

tracciato juzu


Juzu bianco e rosso

Il juzu o jutzu è un accessorio della pratica buddista di antica tradizione. Il significato letterale dei due ideogrammi giapponesi che indicano il juzu è “numero di grani”. È formato da un  filo contenente diversi grani la cui forma ricorda un corpo umano stilizzato. Ogni grano è rotondo a significare che l’insegnamento è armonico, completo e perfetto, e comprende tutti e tutto. Nell’anello principale sono presenti 108 grani uguali, numero che tradizionalmente rappresenta i desideri terreni. Tenere in mano il juzu quando si pratica significa trasformare i desideri terreni in illuminazione. Tra i grani nella parte centrale ve ne sono 4 grani più piccoli che rappresentano le 4 guide dei Bodhisattva della Terra: Jogyo, Jyogyo, Muhengyo e Anryugyo ovvero le 4 VIRTÙ di vero io, purezza, eternità e felicità. Tutti insieme rappresentano Nichiren Daishonin. Alle due estremità vi sono due grani più grandi chiamati grani “genitori”. I quattro grani di forma allungata rappresentano i vasi contenenti i benefici che immancabilmente scaturiscono per mezzo della pratica al Gohonzon.  Tra i quattro grani a forma di vaso e quelli genitori, ci sono altri trenta grani che rappresentano i tremila mondi di ICHINEN SANZEN. Tutti i cordoncini o nappine sono bianchi, colore attribuito alla purezza. Le bianche nappine all’estremità dei cordoncini rappresentano il desiderio di realizzare KOSEN RUFU ovvero la pace nel mondo. Il grano all’estremità unito a tre nappine o grano “madre” vuol dire “mistica” (MYO) e rappresenta il Budda Shakyamuni o saggezza soggettiva. Le tre nappine che escono dal grano “madre” simboleggiano i tre tesori, i due cordoncini uguali rappresentano il Budda e la Legge, quello più corto il Prete.  La nappina che simboleggia il Prete contiene 10 grani che possono essere utilizzati per “conteggiare” il daimoku. Fare 10 volte il giro di un grano rappresenta circa 1000 daimoku. Il grano diametralmente opposto al grano madre, unito a due nappine, o grano “padre” vuol dire “Legge” (HO) e rappresenta il Budda Taho o realtà oggettiva. I due cordoncini che si staccano dal grano “padre” rappresentano il Budda e la Legge: sono annodati perché secondo l’insegnamento di Nichiren Daishonin la Persona (ossia il Budda originale) e la Legge sono la stessa cosa (principio di NINPO IKKA). Il piccolo grano vicino al grano padre rappresenta il principio di KYOCHI MYOGO, la fusione di realtà oggettiva (kyo) e saggezza soggettiva (chi). Tradizionalmente il juzu viene impugnato con il grano madre che rappresenta Shakyamuni nella mano destra e il grano padre che rappresenta Taho nella mano sinistra. Questa posizione può essere spiegata in relazione alla posizione di Shakyamuni e Taho nella Torre preziosa: quando si guarda il Gohonzon Taho appare alla nostra destra e Shakyamuni alla nostra sinistra ma secondo una visione dalla parte del Gohonzon Shakyamuni è posizionato alla destra della Torre preziosa di Nam Myoho Renge Kyo e Taho alla sinistra. La parte con le tre estremità del grano madre (Shakyamuni) viene messa intorno al dito medio della mano destra e quella con le due estremità del grano padre (Taho) intorno al dito medio della mano sinistra. La parte centrale del juzu viene girata una volta in modo che incroci nel mezzo, a formare il simbolo dell’infinito a simboleggiare l’eternità della vita.  Le tre estremità simboleggiano la testa e le braccia, la parte centrale sovrapposta simboleggia l’ombelico, mentre le altre due estremità simboleggiano le gambe. Il juzu così rappresenta il corpo umano e impugnare il juzu ha il significato di prendere in mano la propria vita, decidere di alzarsi da soli e cambiare il proprio destino (principio della vera causa HONNINMYO) Le mani che tengono il juzu vengono poi unite palmo contro palmo, dito contro dito. Quest’azione viene chiamata GASSHO, cioè comprendere che la Buddità esiste nella propria vita. Incrociare il juzu nel mezzo sta a significare SOKU (uguale o anche unicità), quindi l’atto di congiungere le mani mentre si recita indica la fusione della realtà (kyo) con la saggezza intrinseca in ognuno (chi), ovvero comprendere che la vita individuale è un tutt’uno con la Legge mistica dell’universo.